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Cosa mi metto oggi?

I nostri vestiti sono fonte di inquinamento, questo è un dato di fatto ormai, di cui l'enorme industria  della moda è consapevole. Negli ultimi decenni, inoltre, numerose aziende hanno puntato tutto sulla cosiddetta "fast fashion" moda veloce, capi molto economici, di tendenza ma di scarsa o pessima qualità che durano poco e ci portano a comprare sempre di più e più spesso. I tessuti più usati sono quasi sempre sintetici come il poliestere o polietilene tereftalato, praticamente il PET, la stessa plastica delle comuni bottiglie contenenti acqua o altre bevande e che deriva dal petrolio. Questi tessuti offrono diversi vantaggi, soprattutto economici, ma hanno origine da processi di sintesi ad alto impatto ambientale e continuano ad inquinare anche durante il loro utilizzo, durante i lavaggi ad esempio, rilasciando microplastiche nelle nostre acque. Infine, come tutta la plastica, sono un problema anche quando li buttiamo via, nella fase dello smaltimento o dell'eventua

La fiducia è la valuta che ci permetterà di resistere

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“Soltanto una crisi, reale o percepita, produce vero cambiamento. Quando quella crisi si verifica, le azioni intraprese dipendono dalle idee che circolano. Questa, io credo, è la nostra funzione principale: sviluppare alternative alle politiche esistenti, mantenerle in vita e disponibili finché il politicamente impossibile diventa il politicamente inevitabile” Milton Friedman dedicò questa frase a Pinochet, Reagan e Thatcher ed è tuttora il manifesto del “Capitalismo dei Disastri”: ha ispirato i palazzinari del post-terremoto a L’Aquila, i liberisti post uragano Katrina a New Orleans, i grandi operatori turistici nel Bangladesh dopo lo tsunami che spazzò i villaggi dei pescatori. Un grande trauma collettivo, come il Coronavirus, può divincolare i predatori ma potrebbe, se lo vogliamo, anche accordare in un patto le prede e trasformare le distopie sotto i nostri occhi nelle utopie che abbiamo sempre promosso nelle assemblee e difeso nelle piazze. Siamo a un punto di svolta. In un

Il petrolio è il re. Il re è nudo.

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Chi si batte per la crisi climatica: sciopera a scuola, manifesta nelle strade, blocca l’estrazione di carbone, gas o petrolio, impedisce la costruzione di oleodotti, non usa le plastiche, assume uno stile di vita per ridurre le proprie emissioni, o semplicemente parla dell’emergenza climatica ogni qualvolta ne ha l’opportunità, in buona sostanza, chiede alle compagnie di combustibili fossili di rinunciare a 20 trilioni di dollari ( John Fullerton, ex amministratore delegato di JP Morgan). Una cifra irreale. Secondo Carbon Tracker, un team di esperti finanziari, energetici e legali, se si vuole mantenere la temperatura del nostro pianeta nel range tra 1,5° e 2° si dovranno lasciare sottoterra 80% degli assets delle major fossili, ovvero 2230 miliardi di CO2, ovvero queste ultime dovranno rinunciare a tre quarti del loro valore già contabilizzato nel sistema finanziario. Una vera e propria espropriazione! Secondo il redattore di The Nation, Chris Hayes, una simile

Cibo e ambiente: quanto sono impattanti le nostre scelte alimentari?

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Tante volte mi è capitato di parlare con amici, parenti e clienti della connessione tra alimentazione e ambiente: il confronto ha inizio quasi sempre dalla accesa diatriba tra veganismo/vegetarianismo e onnivorismo. Qual è lo stile alimentare più attento all'ambiente, più rispettoso di ciò che ci circonda? Non è mia intenzione incentrare il discorso sull’aspetto etico e animalista delle nostre scelte alimentari; dietro ogni prodotto ci sono esseri viventi: bambini, famiglie, lavoratori, animali, cuccioli, insetti e così via. Ogni singolo prodotto che portiamo a tavola racconta la storia di uno o più esseri viventi, ma questo non è il punto, almeno non in questo articolo. E allora arriviamo al punto.
 Si discute (e si riflette) sempre troppo poco della filiera del singolo prodotto, vegetale o animale che sia. 
Se ci fosse una classifica che valuta il rispetto per l’ambiente dei prodotti, a che posto collocheremmo l’hamburger del fast food, l’uovo dell'amico contadino, il pom

"Uno" fa la differenza...

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Viviamo in un mondo dove i sani di mente, le persone informate e coscienti, riguardo i danni che la plastica provoca alla salute umana e all'ambiente, vengono spesso prese in giro o accusate di non farsi i fatti propri. Negli ultimi anni persino la TV ci bombarda di informazioni sull'impatto che la plastica usa e getta (e non solo) sta avendo sull'ambiente, ma mi accorgo che la maggior parte delle persone non hanno la giusta chiave di lettura per capire la gravità di questo fenomeno e per collegare tale impatto alle conseguenze che ha su noi stessi e sui nostri figli. Si riscontra spesso un vero e proprio rifiuto del problema o la convinzione che non ci sia una soluzione, che non siamo noi a doverla trovare o a pretendere un cambiamento, o ancora che non sia colpa nostra e che da soli non si fa la differenza. Inoltre, si parla ancora troppo poco degli effetti che ha sulla nostra salute. L'esposizione a sostanze dannose avviene durante tutto il ciclo di vita della pl