La fiducia è la valuta che ci permetterà di resistere

“Soltanto una crisi, reale o percepita, produce vero cambiamento.
Quando quella crisi si verifica, le azioni intraprese dipendono dalle idee che circolano.
Questa, io credo, è la nostra funzione principale: sviluppare alternative alle politiche esistenti, mantenerle in vita e disponibili finché il politicamente impossibile diventa il politicamente inevitabile”
Milton Friedman dedicò questa frase a Pinochet, Reagan e Thatcher ed è tuttora il manifesto del “Capitalismo dei Disastri”: ha ispirato i palazzinari del post-terremoto a L’Aquila, i liberisti post uragano Katrina a New Orleans, i grandi operatori turistici nel Bangladesh dopo lo tsunami che spazzò i villaggi dei pescatori.

Un grande trauma collettivo, come il Coronavirus, può divincolare i predatori ma potrebbe, se lo vogliamo, anche accordare in un patto le prede e trasformare le distopie sotto i nostri occhi nelle utopie che abbiamo sempre promosso nelle assemblee e difeso nelle piazze.

Siamo a un punto di svolta. In un territorio inesplorato che ci condizionerà verso scelte inevitabili.

In molti è forte la speranza di tornare al più presto alla propria vita di qualche settimana fa.
Un sentimento diffuso dettato dalla paura, dalla noia, dalle difficoltà economiche, dall'inadeguatezza di far fronte a una minaccia invisibile verso cui ci sentiamo impotenti e che ci ha vestito, per legge, di un recinto di un metro di raggio che ormai indossiamo ovunque.
Un recinto, comunque, che appare quasi un privilegio per chi vive nei campi profughi, negli slum, nelle periferie delle grandi metropoli del mondo, e non ha diritto neppure a quel metro per evitare un contagio.

Ma cosa significa tornare alla normalità della nostra vita antecedente al virus?

Desideriamo tornare a vivere un modello industriale che minaccia ancora di interrompere le nostre relazioni e data la sua fragilità, sconvolgerci con angosce, estromissioni e lutti?

Emerge in report scientifici, con sempre più frequenza e precisione, quanto la pressione che la nostra civiltà imprime sugli ecosistemi possa essere la causa di salti di specie da parte di virus relegati fino a qualche decennio fa in enclave di biodiversità.

Bisogna ricordare infatti che i virus non sono microrganismi in senso stretto, ma “acidi nucleici impacchettati” che vivono trasferendosi nell'ambito della biosfera in genere in equilibrio simbiotico con delle specie-serbatoio (ad esempio gli uccelli migratori per i virus influenzali) e che - in genere - per situazioni di particolare stress/pressione ambientale, possono fare il “salto di specie” invadendo altre specie animali i cui sistemi immunocompetenti inevitabilmente faticano a raggiungere un equilibrio (tolleranza) con essi . Quello che è avvenuto a partire dagli anni ‘90 del secolo scorso è che molti virus animali sono passati dal loro serbatoio animale/naturale all'uomo: gran parte delle malattie acute emergenti sono infatti zoonosi.
(Società Italiana di Medicina Ambientale)

Ma nonostante ciò, le immagini satellitari che mostrano a Wuhan il ripristino delle produzioni e il ritorno delle nubi di biossido di azoto vorrebbero rassicurarci; nonostante la crisi climatica causata principalmente dai combustibili fossili stia disseppellendo virus congelati nel permafrost siberiano; nonostante l’inquinamento sia la causa di sette milioni di morti a livello globale perlopiù causate dalle emissioni di particolato.


Questa pandemia è l’ennesimo segnale che si aggiunge alla crisi climatica, alla perdita delle biodiversità, al traffico e sfruttamento illegale di specie, al degrado dei suoli, alla crisi economica e di debito, alla crisi energetica.

L’ennesimo segnale che il superorganismo che abbiamo costruito ha superato i limiti del nostro pianeta.

Diversamente come si potrebbe spiegare il Coronavirus a Wuhan a dicembre 2019 e il crollo del mercato del petrolio a Marzo 2020?


Abbiamo raggiunto l’efficienza prediligendo un sistema con un singolo ciclo rendendo la Cina la fabbrica del mondo ma...

"Un sistema con un singolo ciclo" è sostanzialmente simile a "mettere tutte le nostre uova nello stesso paniere". "La cancellazione di qualsiasi nodo o collegamento "è qualcosa come la Cina che incontra problemi di coronavirus. Probabilmente abbiamo bisogno di un'economia mondiale che consista di molte economie locali quasi separate per essere certi della stabilità dell'economia mondiale a lungo termine.
(Gail Tverberg)


In questi giorni si alternano ai bollettini sanitari le misure indirizzate a sostenere l’economia: 600...1000...2000 euro …
Queste somme, che potremmo paragonare a un reddito di sussistenza, saranno di sollievo per gli uomini e le donne più disagiate ma non salveranno l’economia e non ci metteranno al riparo dalle crisi future.

In questo momento i soldi non permetteranno a un manovale di tornare su un cantiere; né a un bracciante di raccogliere la frutta di stagione; né di acquistare un biglietto per il cinema; né a una guida di accompagnare i turisti per i vicoli dei Sassi di Matera.
Se la maggior parte dei camionisti dovranno rimanere in casa, le grandi aziende agricole non potranno trasferire migliaia di litri di latte alla trasformazione casearia; se i consolati resteranno chiusi, non potranno dare i visti per i lavoratori immigrati stagionali; se non potremo acquistare un biglietto per una crociera o per un volo, le navi o gli aerei non partiranno; se si consumerà meno  petrolio per alimentare il superorganismo, il combustibile costerà meno di un disinfettante per le mani e le compagnie petrolifere, già rallentate in modalità sopravvivenza, falliranno.

Con questa crisi duplice, dei consumatori e dei produttori, dal lato della domanda e dal lato dell’offerta, il superorganismo sta cortocircuitando.

Con questa pandemia appare chiaro come il mondo sviluppato stava usando la finanza per consentire l'estrazione di cose che altrimenti non avremmo potuto permetterci di estrarre, per produrre cose che altrimenti non avremmo potuto permetterci di consumare.
(Nate Hagens)

E’ evidente che sarà un  errore se perseguiremo l’efficienza della globalizzazione sostenuta dai combustibili fossili, senza ripensare alla rilocalizzazione e ripubblicizzazione di tutti i servizi essenziali: acqua, energia, sanità, cibo, istruzione…

Vorrei che non ci volesse una pandemia per provare che un sistema globalizzato è fragile.

“Ciò significa sostenere agricoltori locali, produttori, commercianti, gruppi artistici e organizzazioni civiche di ogni tipo. La fiducia è la valuta che ci permetterà di resistere alle tempeste future e la fiducia è costruita in gran parte attraverso l'interazione faccia a faccia all'interno delle comunità.”
(Richard Heinberg)

Questo è il momento che nelle comunità si risponda alla distanza sanitaria con vicinanza di intenti; che le comunità urbane si ricolleghino alle comunità rurali di prossimità; che i consumatori di energia abbiano la possibilità di essere anche produttori di energia rinnovabile; che una moneta sociale, senza debito, sostenga la necessaria transizione; che la demo-crazia diventi  urgenza di ciascuna comunità; che l'intelligenza collettiva prevalga sulle convinzioni individuali.



Saverio C.
https://labottegadelvicinato.blogspot.com/2020/04/la-fiducia-e-la-valuta-che-ci.html

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